La SEO riguarda l’intera azienda: ecco perché

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Pubblicato il 1 Settembre 2014

Se ci cimentiamo nel mondo variegato della SEO, sappiamo a menadito cosa piaccia a Google e cosa, invece, non sia gradito: penalizzazioni manuali ed automatiche, difficoltà reali o presunte, CMS spesso mal impostati e, più in generale, mancanza cronica di buone idee si affacciano ogni giorno sulle nostre attività. Ma come dovrebbe comportarsi un SEO oggi?

Se è vero che ormai sappiamo come muoverci, e impariamo anno dopo anno (di solito), al tempo stesso ci rendiamo conto che molti ostacoli sono spesso posti dall’azienda stessa. Cosa intendo qui lo spiegherò strada facendo, se avrete tempo e voglia di seguirmi.

SEO.com ha pubblicato a riguardo una lista di attività che dovrebbe essere ormai evitata: sarebbe la solita lista to-do, se non fosse che contiene delle approssimazioni davvero esagerate, ed una sola, vera, grande verità (che rivelerò a fine articolo).

Partiamo da un assunto:

la link building è sempre, e sarà ancora per molti anni, un’attività prominente per qualunque SEO

Mi sembra essenziale rilevare questo fatto, e riportare un mio vecchio articolo (Da cosa è influenzato il posizionamento in SERP? Link control) in cui avevo sottolineato come i link facili da ottenere siano, di solito, meno “buoni” di quanto non siano quelli spontanei o presunti tali (molto più difficili da guadagnarsi). Curiosamente, SEO.com riferisce come attività da evitare quelle sotto questa categoria (“easy” link building—anything automated, massively scalable, manipulative, or low quality) ma poi, di fatto, finisce per perdersi nel classico bicchiere d’acqua.

Due sono le strategie controverse, in effetti.

  1. Evitare i link dai commenti sui blog e dalle firme nei forum. Sarebbero da scansare perchè una “perdita di tempo”. Cosa che per la verità non condivido per niente, e se addirittura SEO.com arriva a scrivere che i link nofollow non servono in generale (“Most blogs and forums use the “no follow” attribute for links left in the comments, which means they have no influence on search rankings.“) forse la situazione è più grave di quel che temessi. Questa infatti, oltre ad essere un’affermazione grossolana che nessuno ha mai provato, è gravemente fuorviante: è il contesto a fare la forza del link o, in definitiva, la sua capacità di portare traffico, non certo un attributo HTML manipolabile. Il vero problema della link building coi commenti, del resto, è legato alla replicazione delle anchor text, che si propagano esponenzialmente nel forum rischiando di crearci un sacco di problemi. Si tratta di attività che sono, per certi versi, ancora insostituibili.
  2. Le directory. Ne vediamo nascere più o meno un paio al mese, “tutte italiane”, nelle quali compaiono le consuete stupidaggini trite e trite amatissime dalle aziende “leader nel settore“. Qualche link da directory potrebbe rivelarsi utile, al più, a farci prendere in giro dai competitor, probabilmente. L’autrice dell’articolo sopravvaluta poi DMOZ come la directory “totale” (e sbaglia di nuovo, visto che ragiona in ottica puramente PageRank-based): del resto, basterebbe riflettere sul “chi” usi le directory oggi, nell’era dei motori di ricerca, per rendersi conto che non vale più la pena di investirci tempo e risorse.

Altri aspetti da evitare senza esitazione, inoltre, sono:

  1. guest blog alla buona;
  2. article marketing con anchor text esatte;
  3. widget;
  4. infografiche;
  5. link a pagamento;

giusto con qualche piccolissima eccezione: chi stabilisce se un link è pagato? Chi non ha mai fatto un’infografica per fare link building? Chi non scrive ancora adesso l’ennesimo articolo low-budget per promuoversi il sito? Ai posteri l’ardua sentenza…

Secondo questo articolo recentemente pubblicato, avrebbe quindi pià senso, per valorizzare l’ottimizzazione del nostro sito sui motori, fare content marketing, andare incontro alle esigenze reali dei nostri potenziali clienti, lavorare sulle piattaforme di domande/risposte, creare articoli, video e contenuti multimediali che le persone condividano e linkino spontaneamente. Tutte attività non certo semplici, che prevedono una rielaborazione globale delle politiche dell’azienda e che, detto senza mezzi termini, in molti scenari non sono applicabili per via della rigidità di certi dirigenti a vedere la SEO come attività omni-comprensiva.

Obiezioni che ostacolano le consulenze SEO sono di solito legate alla scarsa comprensione di Google o, più in generale, ad una forma di remissività di certe realtà aziendali (qualora non siano presenti sul web) nel dare materiale concreto su cui lavorare ai consulenti. Esempio: se volessi creare una link bait, potrei pensare di caricare nel sito applicazioni per cellulare create ad hoc, videogame, quiz interattivi. Ma se trovassi (come mi è capitato) aziende che rispondono picche, che iniziano a tirare fuori scuse, che ti pregano di conteggiare i link a casaccio e non “impicciarti”, che si infastidiscono nel sentire certe proposte… bhe, allora è ovvio che ripiegheremo sempre sulla link building selvaggia e, in casi estremi, automatizzata.

A quel punto è molto un problema di mentalità, non tanto di tecniche SEO (o presunte tali).

Ed è per questo che mi permetto di citare da questo articolo una grande verità a cui ho accennato all’inizio, e che traduco rivolgendomi alle aziende, ai clienti presenti e futuri.

Più informazioni fornirai (ai SEO, ndr), più probabile sarà il successo della tua campagna.

(Ispirato a SEO Dos and Don’ts, or Why You Shouldn’t Link Build and What to Do Instead di Holly Cordner)

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