SEO: pregi e limiti dell’approccio “one key, one page”

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Pubblicato il 18 Maggio 2017

La strategia “one key one page“, in ambito SEO, serve a mettere in risalto un aspetto molto importante: dovrebbe soddisfare, nel modo più coerente e completo possibile, la richiesta (query di ricerca) dell’utente, massimizzandone così la pertinenza. In realtà, però, nessuno dovrebbe applicarla, anzi (peggio ancora): nessuno riesce davvero a realizzarla!

In generale è vero che, almeno sulla carta (e secondo l’ottica spesso miope di alcuni) sarebbe fantastico associare ogni chiave di ricerca iper-ottimizzata a una distinta pagina web. Questo nella pratica è spesso dispendioso, sconveniente o troppo complesso da realizzare. Forzare la mano in tal senso, di fatto, significa spesso distruggere quanto di buono è stato fatto nel sito ad altri livelli, o penalizzarne l’aspetto UX – che è quello forse più maltrattato da (sedicenti) SEO – soprattutto quando sono manipolati link in blocco senza badare al risultato (orribile) che ne uscirà. Se è vero che bisognerebbe sempre creare pagine distinte per gruppi di utenti, per personas o magari per aree tematico-commerciali degli utenti, questo è senza dubbio diverso dal creare pagina singole (magari di inutile contenuto thin) per ogni possibile combinazione della chiave di ricerca.

Il primo aspetto che ci porta a evitare questa strategia e la sua rigidità è legato, quindi, a una questione pratica: spesso non è praticabile spezzettare le proprie pagine in questo modo, e tale scelta rischia di propagarsi in negativo, inutilmente, sul povero copy di turno. Penalizzare usabilità e comprensibilità del proprio sito in nome di una strategia è, in sostanza, sempre da evitare.

Un secondo aspetto da considerare è legato alla natura dei link, che tendono – per quanto in misura differente – a influenzare il posizionamento delle pagine, ma anche, a più basso livello, a guidare la navigazione degli utenti, soprattutto mediante le anchor text “parlanti” (per la cronaca: anche attraverso quelle anonime, se ben piazzate). Pertanto la creazione delle pagine non basta da sola, ma è anche necessaria un’adeguata – nel senso appena specificato – infrastruttura di link “di sostegno”.

Un terzo aspetto riguarda l’effettiva potenzialità sfruttabile in termini di ottimizzazione: chi sfrutta rigidamente la “one key, one page” tende a non riconoscere le potenzialità della propria pagina. Uno studio recente pubblicato da Ahrefs mostra come una singola pagina possa posizionarsi, in molti casi (il campione è di 3 milioni di risultati di ricerca multi-lingua, scelti casualmente) per centinaia, o migliaia di altre keyword rilevanti.

Nella pratica, questo si traduce nell’impressionante statistica che per una singola keyword-pagina ottimizzata intenzionalmente, ne troveremo mediamente un altro migliaio di analoghe per la medesima pagina. In qualche modo, quindi, è come se dal “seme” della keyword per cui ottimizziamo intenzionalmente la pagina si sviluppassero vari rami, dalla forma e dal contenuto spesso poco scontati o prevedibili, che potranno comunque essere veicolo di traffico dai motori di ricerca. L’analisi in questione raggruppa anche i singoli casi in base al numero di keyword ottimizzate “indirettamente”, e mostra chiaramente – con tutti i limiti di un’analisi statistica e facendo attenzione che correlazione non implica causalità – come sia opportuno ottimizzare le nostre pagine pensando alla maggior parte delle ricerche degli utenti che potrebbero portare a essa, non soltanto a una o due.

Il senso del discorso, per riassumere, sta nel fatto che puoi comunque pensare di ottimizzare una pagina web per una singola chiave di ricerca: non è sbagliato e non ti penalizzerà farlo. Al tempo stesso, però (che ti piaccia o meno) per via dell’ecosistema web e di alcune considerazioni strutturali (che ho appena scritto in dettaglio), finirai comunque per ottimizzare quella pagina su altre keyword affini a quella desiderata, che siano della coda lunga o simili / riconducibili alle tematiche della pagina.

Motivo per cui “one key, one page” è una strategia SEO intuitiva (e senza dubbio affascinante), nonostante sia sostanzialmente smentita dalla pratica di ogni giorno, rischia di essere una strategia miope: questo per i motivi appena visti, e perché non valuta l’esatto contesto in cui ci si trova a ottimizzare, fatto di pareti labili, confini solo ideali e aspetti controllabili come i fattori onpage ma anche (per non dire soprattutto) di altri meno gestibili (i backlink dall’esterno, giusto per citare un esempio facile).

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