No, Google non è responsabile della standardizzazione dei contenuti on line

Tempo stimato di lettura: 2 minuti, 44 secondi
Pubblicato il 18 Maggio 2012

La standardizzazione dei contenuti dipende da Google o dagli scrittori delle rete? Cyrille Frank, giornalista e redattore francese, è convinto che la responsabilità sia tutta degli scribacchini on line. “Google punta ai profitti e per riuscirci ha mirato fin dall’inizio alla soddisfazione del cliente più che ad altro. Il suo successo, infatti, è la conseguenza della capacità di fornire risultati di ricerca pertinenti, esaustivi e rapidi. Quest’azienda non ha scalato il podio del mercato mondiale (65% e più del 90% in Francia) forzando la mano degli utenti” incalza Frank.

A sentire il collega d’Oltralpe, Google ce l’ha fatta perché rende agli internauti il miglior servizio.

La standardizzazione è di chi scrive

Da tempo si discute dell’omologazione dei contenuti on line. Secondo Cyrille urge abbandonare il dogmatismo e smettere di applicare le regole del Seo senza capirle.

I titoli enfatici, ad esempio, non dovrebbero servire solo per il referenziamento, ma anche per facilitare la lettura:

“Pensioni: i dettagli della riforma del governo”, si concentra subito sull’oggetto dell’articolo. La diffusione della notizia è, in definitiva, un servizio che il redattore rende.

Tuttavia il titolo: “La riforma governativa delle pensioni nel dettaglio” funziona lo stesso. L’informazione essenziale si trova prima.

È ugualmente vero, però, che i titoli con i giochi di parole più o meno “tirati per i capelli” hanno sempre meno possibilità di essere letti su Internet.

Perché?

La colpa non è di Google, ma delle nostre abitudini di vita isteriche e concorrenziali, connesse alla pletora di stimoli (tv, radio, giochi, mobile). Sembra che non abbiamo mai tempo da perdere così bombardati dai messaggi. In questo contesto attirare l’attenzione dei lettori è come provare a parlare ad un’automobilista in autostrada: urge davvero fare in fretta e con chiarezza.

E allora, come regolarti?

La scrittura deve soddisfare l’utente, non Google

Ricorda: scrivere per Google significa farlo per il lettore. Opta per una stesura

  • coincisa e precisa (titolo ed attacco efficace)
  • ricca (link esterni, visibilità, regolarità)
  • accessibile (grassetti e paragrafi).

L’algoritmo di classificazione di Google premia sempre questi accorgimenti che adattano la scrittura allo schermo. Jakob Nielsen, guru dell’usabilità on line, di cui abbiamo già parlato, sostiene, infatti, che la lettura al monitor è più lenta del 25% rispetto a quella su carta. Perciò capirai che scrivere on line è scrivere bene e farlo con buon senso.

Di conseguenza, i titoli dovranno essere sempre:

  • informativi
  • coincisi

Solo così attirerai l’attenzione dei lettori e di Google. Questo, in ogni caso, non ti impedisce di essere creativo, a patto che riesca a far capire al lettore l’argomento dell’articolo quando ha davanti i risultati di una ricerca. Questo accorgimento vale oggi e per il futuro (pensa agli archivi e a tutti i nuovi modi di accedere alle informazioni: flussi Rss, mobile, ecc.).

Tieni presente anche che l’algoritmo di Google evolve costantemente e che Google intercetta e penalizza le tecniche per veicolare il traffico su contenuti scadenti. I criteri di classificazione sono la “gallina dalle uova d’oro” dell’azienda e quando non sarà più così, Google fallirà. Attualmente il motore di ricerca offre un plus valore agli utenti.

In definitiva, visto che il web è orientato alla velocità, tu punta all’usabilità, lasciando i titoli enfatici e ludici al cartaceo.

E tu cosa pensi della standardizzazione dei contenuti on line?

Shares