Content curation ai tempi dei social network. Ecco il futuro

Tempo stimato di lettura: 3 minuti, 39 secondi
Pubblicato il 8 Novembre 2013

Che cosa succede se la cura dei contenuti passa attraverso il controllo degli utenti bypassando giornalisti, editori e, talvolta, le stesse agenzia stampa?

Prima di rispondere vediamo di fare chiarezza su alcune parole chiave che, spesso, vengono confuse tra loro andando a deteriorare il significato stesso.

Di cosa parliamo quando parliamo di cura dei contenuti?

La cura dei contenuti (content curation) è un aspetto cruciale del processo di organizzazione delle strategie di comunicazione e di marketing. Per chi si occupa di scrittura per il web per conto di PMI o per brand nazionali la cura dei contenuti è uno degli elementi fondamentali del proprio lavoro che non può essere liquidato con un semplicistico “copia-incolla” (ricordiamo che nessun contenuto originale equivale a una svalutazione da parte dei motori di ricerca) o con un veloce accostamento di frasi che potrebbero suonare bene ma che poco hanno a che vedere con l’azienda che stiamo rappresentando (la scelta di parole chiave in linea con i servizi offerti dall’azienda non solo attirerà un bacino di utenti sicuramente interessati ma aiuterà il posizionamento sui motori di ricerca).

Curare i contenuti significa: cercare e raccogliere informazioni circa un determinato argomento (Storify è uno degli strumenti più utilizzati ma anche Curationsoft è altrettanto valido nella versione gratuita o a pagamento, per non parlare dell’utilissimo e anche graficamente ben strutturato List.ly), eseguire un’operazione di fact checking ovvero il controllo delle fonti e successivo inserimento di link a supporto e integrazione della notizia stessa, rielaborare il materiale raccolto dando un’organicità all’articolo, correlandolo di citazioni, video, immagini e quant’altro serva a rendere comprensibile ciò di cui stiamo parlando. Questo è il processo che si deve seguire se si vuole fare della cura dei contenuti un lavoro di qualità.

Il ruolo dei social network nel processo di cura dei contenuti

I social network hanno sdoganato la modalità di reperimento di notizie. Quante volte è capitato di cercare notizie interessanti e pertinenti su Twitter, Facebook e Youtube? Quasi tutti i giorni potrebbe essere la risposta condivisibile. Lo studio condotto da Federico Guerrini per il Reuters Institute for the Study of Journalism, “Newsroom curators & independent storytellers: content curation as a new form of journalism”, ha messo in luce la geolocalizzazione delle notizie ovvero la tendenza che sta prendendo sempre più piede contro la generalizzazione delle informazioni che potrebbe non suscitare lo stesso interesse.

Lo studio però rivela anche come siano gli stessi utenti i protagonisti della fruizione delle notizie in rete. Guerrini riporta come esempio il caso di Storyful, un’agenzia con sede a Dublino ma che opera anche su New York e Hong Kong che, attraverso un team di professionisti (giornalisti e sviluppatori), segue il flusso delle informazioni sui social network catturando i primi segnali circa avvenimenti di interesse pubblico. Ciò significa che le redazioni come vengono intese tradizionalmente (se ancora di tradizione si può parlare) non si avvalgono di cronisti interni da inviare sul posto ma di gente che ha vissuto sulla propria pelle una situazione o è stata spettatrice di quel fatto riprendendolo con il proprio iphone.

La cura dei contenuti assume quindi un nuovo volto. Come sottolinea Guerrini: “non soltanto gli attivisti, ma anche altre categorie di persone che sono coinvolte nella diffusione delle notizie potrebbero trarre vantaggio dalle nuove possibilità di curation: per esempio media stranieri, impossibilitati a dislocare corrispondenti all’estero a causa di tagli nei costi o perché è impossibile entrare in certe regioni” e la situazione cambierebbe anche per gli aspiranti giornalisti che attraverso i nuovi strumenti di curation potrebbero “dimostrare le proprie abilità ai grandi gruppi mediatici, guadagnandone in popolarità e visibilità”.

Che gli utenti stiano diventando i propulsori delle notizie in circolazione lo ha ricordato recentemente Luca Conti che, dopo aver partecipato a FIPP Congress, ha raccontato il caso di Olivia e Femina, due magazine femminili con un numero realizzato proprio dalle lettrici.

Ma quello che è interessante nello studio di Guerrini è il fatto che Twitter pare si stia attivando al suo interno attraverso l’assunzione di figure strategiche in termini di content curation e head of news creando una sorta di redazione che possa se non competere (con le agenzia stampa e gli editori) almeno sostenere i segnali che stanno arrivando dagli utenti in merito alla circolazione di notizie e alla cura delle stesse sui social network.

Nell’attesa di ulteriori sviluppi, cosa pensate di Storyful? In questo modo che cosa potrebbe accadere alla notizia in senso stretto? E da Twitter cosa ci dobbiamo aspettare?

Shares