Analizzare Session Duration e Bounce Rate?

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Pubblicato il 12 Dicembre 2014

C’era una volta il SEO, il playmaker del canale Search del Marketing: suo compito era lanciare il business del cliente a canestro con un passaggio preciso attraverso il primo corridoio disponibile in SERP fra le maglie dei competitor.

In soldoni, ci si posizionava beandosi della propria bravura, indipendentemente se si sentisse poi il “ciaf” dell’obiettivo centrato o meno.

Perché analizzare il comportamento degli utenti sul sito

Ora non voglio dire che chi fa SEO (o chi fa parte del team Social o qualsiasi altro specialista) sia il solo responsabile delle conversioni di un sito: entrano in gioco talmente tanti fattori, anche offline ed esterni, che ricordano cosa sono il Marketing e la Pubblicità. Ovvero un investimento di cui si può stimare il ritorno ma del quale non v’è certezza, il famoso rischio d’impresa difficile da comprendere per chi ha una cultura dell’immobilismo. Ma qui tocca muoversi sempre.

Nel basket si corre per tutta la partita, ci sono gli eventuali time-out per tirare il fiato sulla strategia di gioco ma quando si è in campo bisogna essere vivi.

Chi è custode del “gioco” SEO, oggi, non può ricoprire tutti i ruoli del team ma di certo non può limitarsi a beccare i passaggi giusti. A volte gli toccherà anche schiacciare a canestro come un vero pivot.

Tradotto vuol dire che: ok il posizionamento, ok analizzare le SERP e i comportamenti degli utenti, ma questi ultimi dovrebbero essere studiati soprattutto durante la loro navigazione sul sito per capire se gli obiettivi definiti per il canale Search siano congruenti con il lavoro svolto.

Una volta definiti i paletti della tua area di interesse, una sorta di strategia a zona dove hai stabilito i tuoi pillar articles SEO, dovresti valutare due elementi: Session Duration e Bounce Rate.

Session Duration o Tempo di permanenza sulla pagina

Si, ma chissene di quanto l’utente resta catturato fra le maglie del tuo copywriting in pressing, no? NO! Dannazione, hai fatto tanta fatica per costruire l’azione e poi l’utente non rimane sulla pagina per neanche 30 secondi? Roba da passare la palla a un competitor più bravo, guarda!

Fra parentesi, non c’è un tempo di permanenza sulla pagina ideale: se hai scritto una scheda prodotto performante per un e-commerce potrebbe essere addirittura controproducente una sessione lunga: perdi tempo e non centri l’obiettivo – andare a canestro o meglio a carrello degli acquisti in meno passaggi possibile.

Piuttosto, se hai redatto un bel contenuto informativo, o realizzato un video, una sessione breve potrebbe risultare uno spreco di risorse non da poco: ad esempio, mi è capitato di posizionare anche su ottime chiavi ma vedere una Session Duration talmente bassa da rendere inutile tutto il lavoro di posizionamento.

Perché il contenuto non è all’altezza della sua SEO e di queste situazioni, ne sono piene le SERP!

Insomma, non romperti la testa sul dato esatto ma regolati in base al settore in cui ti stai muovendo e all’obiettivo che ti sei posto.

Bounce Rate o Percentuale di Rimbalzo

Quando giocavo (si, con il tempo mi sono impigrito parecchio) a basket, una delle (poche) cose in cui riuscivo bene era il numero di rimbalzi presi a partita. Ancora oggi, lato SEO però, la percentuale rimane alta.

Quello che nel gioco della palla a spicchi è un grosso pregio, nell’ottimizzazione sui motori di ricerca sembra essere il Male, tanto da essere stato interpretato come un segnale di ranking negativo (nonostante l’ottimo Andrea Pernici abbia riportato già due anni fa la conversazione fra Petrovic e Mueller).

IMHO – in my humble opinion – è naturale che, lato Search, il Bounce Rate sia elevato. Il percorso dell’utente che sta ricercando qualcosa è piuttosto lineare, pur con le normali variabili:

  1. L’utente fa una ricerca.
  2. L’utente clicca sul risultato che lo convince di più.
  3. L’utente, se soddisfatto, esce dal sito.

A seconda dell’obiettivo fissato per la SEO, ci sono alcune azioni da compiere per abbassare la percentuale di rimbalzo, fermo restando che – insieme a una buona permanenza sulla pagina – in realtà potrebbe anche essere un segnale positivo.

Azioni per l’obiettivo di maggiori visite/visualizzazioni

  • Potenziare il linking interno.
  • Mettere a disposizione gli articoli strettamente correlati.

Azioni per l’obiettivo di maggiori lead/contatti

  • Copywriting persuasivo con CTA personalizzata per ogni pagina/servizio.
  • Offrire una risorsa gratuita/servizio extra in cambio del lead.

Azioni per l’obiettivo di maggiori vendite

  • Facilitare il percorso di conversione “above the fold”.
  • Offrire dei prodotti correlati per aumentare l’ordine medio.

Mi sono limitato a due consigli-base per azione, ma ci sono un’infinità di vie per andare a canestro. L’unico limite è la tua immaginazione, citando il payoff di Disney Infinity (pensavi citassi i rivali della Warner per via di Space Jam eh?)

Tempo di permanenza e percentuale di rimbalzo: what else?

A finale, analizzare il tempo di permanenza e la percentuale di rimbalzo significa delineare ancora di più il proprio utente-tipo per offrire anche, lato SEO, la migliore soluzione possibile alle query/domande che vengono poste a Google.

Personalmente, ho il sentore (ma si tratta di una intuizione senza alcun fondamento) che il Motore di Ricerca che tutto sa e vede sappia valutare e mixare questi elementi per capire se l’utente rimbalzi di nuovo in SERP a rifare la stessa ricerca, una sorta di segnalazione di risultato più (o meno) meritevole del posizionamento ottenuto.

E tu cosa ne pensi? Valuti importanti Session Duration e Bounce Rate?

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