Link non naturali dal tuo sito: cosa fare?

Immagine originale tratta da Fotolia
Tempo stimato di lettura: 7 minuti, 22 secondi
Pubblicato il 9 Aprile 2014

Avete ricevuto la notifica di “link non naturali” sul vostro webmaster tools? In questo articolo analizzerò il modus operandi per lavorare su questi casi e, possibilmente, uscire fuori da questa situazione. Perchè sono stato penalizzato da Google? Cosa ho fatto di così crudele per meritarlo? Cosa posso fare per risolvere, nel concreto?

Il webmaster si guarda allo specchio, fa una sincera analisi di coscienza, si rende conto di non aver fatto davvero niente di male, sul serio! Eppure la segnalazione è lì, minacciosa e indifferente come il più terrificante dei villain, nel proprio webmaster tools, mentre il forum di Google viene affollato di segnalazioni di questo tipo (un paio al giorno, al momento in cui scrivo). La cosa forse più inquietante di questo genere di segnalazioni, avviate ufficialmente il 10 marzo 2014 (link), è che in molti casi le richieste di riconsiderazione vengano spesso rifiutate più di una volta, nonostante i webmaster dicano di aver tolto di mezzo la “spazzatura”.

Non è banalissimo, insomma, riuscire a convincere Google della propria innocenza.

Sulla carta, comunque, la procedura di “purificazione” dei link passa per due fasi:

  1. prima di tutto sbarazziamoci dei link in uscita comprati, inutili o inseriti a nostra insaputa;
  2. fatto questo, inviamo la richiesta di riconsiderazione, allegando un po’ di spiegazioni su quanto fatto (solo il proprietario del sito è abilitato a farlo, e dovrà essere molto sincero…).

Dove si trovano i link in uscita innaturali?

I siti a rischio sono, almeno per quello che ho visto, quelli che offrono la possibilità di pubblicare guest post in maniera indiscriminata: pratica “scomunicata” da Matt Cutts, non fosse altro che nel 90% dei casi si tratta di article marketing camuffato. I link problematici non vanno cercati tra lo spam inserito chissà dove, bensì sono i vostri, sotto il vostro controllo: niente disavow, non è questo l’obiettivo.

Poniamo quindi che ad essere segnalato in tal senso sia il vostro blog in WordPress: la prima cosa da controllare sono i link in uscita dai vostri widget. Assicuratevi che non ve ne sia qualcuno da voi ignorato / inserito maliziosamente dal creatore del theme, e poi fate in modo che i link affiliati e banner inseriti manualmente, in primis, abbiano l’attributo nofollow (che in questo caso significa, in soldoni: “sopporta” questo link, caro Google, perchè possiedo le mie buone ragioni per lasciarlo qui: pero’ sappi che non ho intenzione di fare il furbo, nè di manipolare il posizionamento del sito che sto linkando). In secondo luogo controllate i link in uscita dai commenti, può darsi che qualcuno stia usando il vostro blog per i propri comodi a vostra insaputa, e poi (ultimo, ma non ultimo come importanza) controllate tutti i link in uscita dai vostri articoli.

Cosa devo fare? Voglio uscire dalla penalizzazione!

Una risposta emblematica tratta dal forum di Google....

Una risposta emblematica tratta dal forum di Google…. fonte: http://goo.gl/QFCWyH

Da quello che ho letto sul forum di Google, ho notato che i webmaster la prendono alla leggera, e spesso tendono a rimuovere i link “dubbi” per gruppi: pratica che più sbagliata non si può, e che dice tutto su un mondo. Molto meglio applicare un sano “rasoio di Occam” che, in molti casi, coincide con il mettere la totalità dei link in uscita dal sito penalizzato in nofollow.

Esiste un plugin di WordPress per farlo (questo o quest’altro), casomai fosse troppo faticoso controllare tutto a mano, e con la possibilità di inserire eccezioni sui link in uscita. Attenzione, pero’, che questa non è una regola da applicare in generale, bensì “solo” (si fa per dire) per combattere una penalizzazione in uscita notificata esplicitamente (quella che il WMT segnala come “Link non naturali dal tuo sito“) Attenzione, inoltre, a non confondere le segnalazioni di irregolarità in entrata con quelle in uscita: sono due prospettive differenti, contrapposte tra loro, seppur con qualche ovvio punto in comune. La totalità delle segnalazioni sul forum ufficiale portano in questa direzione, e questo possiede almeno due conseguenze su cui riflettere:

  1. i siti sospettati di essere parte di un “gioco sporco” dovranno obbligatoriamente mettere il nofollow sui link sospetti in uscita, ovvero – in mancanza di altre prove – la totalità di quelli che “offrono”; questo vuol dire che “conteranno poco in futuro“? La discussione è aperta per quanto, a mio modesto avviso, l’impressione è che i criteri siano diversi e che la collaborazione con Google aiuti, in ogni caso.
  2. Altra implicazione è che il benedetto PageRank sembra ancora, almeno in questi casi, essere un fattore decisamente importante e che, per nessuno motivo, dovrebbe essere usato in maniera maliziosa. Troppo facile manipolarlo, altrettanto facile per Google accorgersene.

Penalizzazioni da link in uscita

L’ultima generazione di incubi sembra quindi determinata da questo semplice attributo – il nofollow, la cui presenza/assenza finisce per determinare le sorti di molti siti web e del loro “trattamento” nei risultati di ricerca di Google. Precisamente “link non naturali dal tuo sito“, ovvero: “Google ha rilevato un pattern di link in uscita artificiali non naturali, ingannevoli o fraudolenti nelle pagine del tuo sito. Questi link potrebbero essere il risultato della vendita di link che aumentano il PageRank o della partecipazione a schemi di link“. Parliamo di link innaturali “dal” tuo sito, non “verso”: quindi significa che siamo considerati da Google la causa prima di problemi. Il tracciamento dei link in ingresso, con relativa richiesta via email di rimozione / nofollow dei link sospetti o non necessari, invece, è cosa ben diversa.

Ho già discusso della “virata” (presunta) di Google nel conferire valore ai link, un contributo interessante in merito lo ha presentato Dario Ciracì su Webhouse, ed anch’io su Search Engine Journal circa un anno fa ne parlai: in quel caso specifico uscì fuori una “lotta” tra me ed uno schema di link esterno costituito da articoli costruiti “ad arte”, che violavano le norma di qualità imposte da Google, non fosse altro che ricalcavano uno schema fisso. In altri termini, erano quasi sempre articoli scritti su Blogger, con un certo pattern di link in uscita.

Un pattern, per la cronaca, è considerato approssimativamente un insieme di link correlati tra loro, capace di costituire un “percorso” navigabile sui vari siti, di qualsiasi forma esso sia: link circolari tipo A linka B, B linka C, C linka A, link “a piramide” e così via. In molti casi i siti penalizzanti sono parte inconsapevole di una struttura del genere: del resto è un po’ come guidare la macchina di un amico in stato di ebbrezza. Piaccia o meno, anche se la macchina è del vostro amico (che magari dorme sul sedile posteriore dopo una sbornia comune), il ritiro della patente lo state rischiando soltanto voi. Questa manovra ricorda molto un atto di responsabilità da parte di Google, oltre che una politica decisamente sbrigativa per togliere di mezzo le furbate andando direttamente alla “fonte”.

Molti SEO queste cose non le hanno capite, non le vogliono capire, si sentono troppo fighi per capirle oppure giocano a fare i finti tonti. Penso ad una mail ricevuta qualche giorno fa, nella quale per l’ennesima volta mi chiedevano se, per pura cortesia, avessi messo un link “dofollow”, “sai com’è, a me serve il dofollow“, “sono abituato a scrivere contenuti originali e interessanti” (come se fare SEO fosse equivalente a “scrivere articoli originali”, oppure come se noialtri giocassimo, nel frattempo), che credono di avere le idee chiare (“metto sempre un solo link da siti con PR molto alto“: siamo ancora negli anni ’90, avete sentito il nuovo grunge di Seattle?), senza contare tentativi di baratto penosi della serie “posso darti la possibilità di scrivere guest blog nei miei siti” (#coglioneno, almeno pagami così è una “compravendita” a tutti gli effetti), e “per me è importante che i link ai miei siti siano dofollow“. Funziona così: per questi piattaroli da fiera bisogna trasformare l’attività SEO in mercanteggio di link, e a questo punto è assolutamente ovvio – direi – che Google prenda provvedimenti pesanti. Anche a costo, come nel caso in esame, di criminalizzare webmaster innocenti che abbiamo messo in buonafede il link (buona o cattiva fede contano quanto il due di picche, a meno che non si decidano a validare un ipotetico attributo rel=”buonafede”). Certa gente purtroppo gioca coi link come si fa con le tre carte, continua a farlo oggi e lo farà ancora per chissà quanti anni, vantandosene pure: poveri noi.

Nei casi di penalizzazioni manuali da link in uscita, Google ha organizzato una contromossa degna di una cintura nera: invece di additare i “compratori” di link (che spesso non hanno idea di come sbarazzarsi dei link in ingresso illeciti, e che magari usavano il disavow auto-penalizzandosi), se la prende direttamente coi venditori. Molto più semplice per tutti togliere il link, molto più sbrigativo ed efficace far fuori le irregolarità in questo modo. In questo modo cambierà l’ecosistema web? Quali saranno le conseguenze di questa mossa? Se anche a voi sono capitati casi del genere, commentate pure nel blog, la discussione è aperte ed è, secondo me, davvero interessante.

Shares