Ma davvero per Google i link stanno perdendo valore?

Immagine originale tratta da Fotolia
Tempo stimato di lettura: 7 minuti, 0 secondi
Pubblicato il 24 Marzo 2014

Il link sta perdendo valore per Google? La domanda di oggi è volutamente provocatoria, e cerca di affrontare in modo possibilmente costruttivo un problema di cui molti soffrono in ambito SEO. Spesso, infatti, si linka poco e male, certe risorse sono diventate impossibili da raggiungere, la malafede dei webmaster è cresciuta assieme ad una maggiore consapevolezza delle pratiche di SEO che spesso mascheriamo dietro un finto interesse (un esempio per tutti: i link nei commenti).

Un articolo di Moz, a firma Rand Fishkin, descrive (secondo me a ragione) una sorta di psicosi all’interno della generazione di backlink (a fear of linking out), con numerosi webmaster che evitano di linkare tante buone risorse esterne che non siano, per intenderci, i soliti link “didascalici” verso Wikipedia. Andiamo quindi a vedere cinque punti interessanti che possano suggerire, in un senso o nell’altro, se davvero i link potranno mai perdere valore: non esiste, come vederemo, una vera e propria risposta a questa domanda.

1) Il web è fatto di link!

Il web è una “macchina distribuita” straordinaria che gli utenti alimentano in maniera incessante: ogni giorno nuove pagine sono indicizzate, archiviate, posizionate sui motori, condivise sui social network. Possiamo credere seriamente, sulla base di questo, che il link possa perdere valore?

Storditi giusto dalle logiche di questi ultimi (quanta gente parla, senza rendersi conto, di assurdità come la “social SEO“?), così come di teorie mutuate da altre discipline (psicologia, sociologia ecc. che si rifanno, a loro volta, all’IR, che è in fondo la vera madre della SEO) in molti casi mal interpretiamo i dati a nostra disposizione.

Nel frattempo, altri tendono a dimenticare che il web è pur sempre una rete di link, che non potrebbe mai fare a meno di considerare questo elemento: se sparissero gli href dalle pagine web, non avrebbe più senso parlarne! E si tratterà sempre, a mio avviso, del più naturale e semplice modo per rendere “tracciabili” le informazioni delle pagine stesse. Nell’attesa che qualcuno ci suggerisca ancora (e arbitrariamente) che la SEO è defunta (con relativo stracciamento di vesti), sarebbe bene fare sempre i conti con questo aspetto, che è semplicemente irrinunciabile per la rete internet così come la conosciamo. Pensarla diversamente significa astrarsi dal contesto e, in definitiva, fare la figura degli cioccolatai disposti a credere ad un qualsiasi Dio del Like piuttosto che, per esempio, a quello del +1.

2) Cresce il numero di backlink con nofollow obbligatorio

C’è da dire poi, in secondo luogo, che l’aumento di backlink con nofollow imposto da molti webmaster (molto di più rispetto a qualche anno fa, per capirci) suggerisce, in qualche modo, che anche questo controverso attributo venga forse recepito in modo finalmente corretto.

  • Nofollow” non significa “non considerare questo link“: semmai trasmette a Google l’idea che il link non è atto a manipolare il PageRank.
  • Dofollow” (abuso di linguaggio, visto che si tratta di semplici backlink senza nofollow) di contro non vuol dire che il link sia per forza influente per il ranking del sito.

Del resto, se ci fate caso, anche il cliente meno informato in materia SEO sa (o crede di sapere) a cosa serva il “dofollow“, e per questo motivo – oltre che per evitare i soliti abusi da parte di chi si crede furbo – a mio avviso si sono diffusi profili di link improntati programmaticamente sul nofollow. Questo, a parte creare un effetto collaterale che ho descritto su Webhouse qualche tempo fa, è avvenuto in misura decisamente superiore perchè anche i blogger più fancazzisti si sono resi conto del “potere dei propri link“, un qualcosa di difficilmente quantificabile quanto, al tempo stesso, sostanzialmente imprescindibile.

È ragionevole quindi pensare che Google tenga conto di questo aspetto, anche perchè quell’attributo (ripeto, again & again) è pensato per evitare manipolazioni del PageRank, il che è soltanto (per quanto suoni ripetitivo scriverlo) uno dei tantissimi fattori che influenzano il posizionamento della pagina. In definitiva, la crescita di backlink nofollow finirà per scoraggiare chi tende a snobbare il link andando a vantaggio di chi, invece, bada soprattutto al contesto dei link nelle proprie pratiche di building. Messa così il backlink è ancora potentissimo per la nostra SEO!

3) La link building in molti casi è (quasi) impossibile

Quando lavoravo per un’azienda di hosting della mia zona, sono stato particolarmente orgoglioso di una cosa: essere riuscito a procurare ai clienti un backlink direttamente dal sito ufficiale di Debian, da loro utilizzata su tutti i server. Nel frattempo il lavoro è finito e non ho avuto modo di sapere quanto, e se, questo lavoro sia stato davvero utile: tutto questo non lo scrivo per vanagloria, quanto per evidenziare come sia stato difficile procurarne uno di questo tipo.

Molti siti autorevoli bloccano i commenti, non accettano collaborazioni di alcun genere, non linkano il tuo sito neanche a pagamento, molte volte non rispondono neanche alle email: pensare di ottenere backlink da molti di questi portali “autorevoli” è, in molti casi, semplice utopia.

Per questo credo che in casi del genere le strategie SEO debbano per forza virare verso altri lidi: ed è in quest’ottica che mi viene da pensare ad una certa “futilità” del backlink, se messa in questi termini. Del resto si trattasse di una semplice “gara” a chi ha più backlink chiunque, in definitiva, potrebbe emulare il comportamento di Google con MySQL e PHP: chi ci riuscirebbe 🙂 ?

4) Analytics presto nasconderà la quasi totalità delle ricerche

Nei dati dei siti che sto seguendo, le percentuali di chiavi di ricerca “not provided” sono cresciute in maniera vertiginosa: in molti casi sono il 90% delle ricerche del nostro sito, il che suggerisce di praticare strade alternative per capire cosa cerchi in media chi visita il nostro sito. Ad esempio analizzando gli URL più visitati, tracciando i “percorsi” dei visitatori, valutando rimbalzo, efficenza e reperibilità delle informazioni sul sito.

Presto, quindi, è plausibile che la totalità delle ricerche sul nostro sito venga nascosta da Google: avevo proposto una contro-strategia in merito (in due parole: per avere una stima decente del “not provided” basta incrociare i dati del WMT con quelli di Analytics), ma il punto secondo me è un altro: le chiavi di ricerca in molti casi coincidono coi testi delle àncore dei link.

Nota dolente, a questo punto! È significativo, quindi, che Google voglia “camuffare” questo aspetto perchè questo, di fatto, finirà per rendere del tutto incalcolabile il contributo di uno o più link per il posizionamento di una pagina.

Non che prima fossimo messi meglio, per la verità: ma questo provvedimento a me suggerisce un “giro di vite” tutt’altro che slegato dal contesto di cui sto parlando.  In quest’ottica, quindi, e facendo un piccolo “azzardo” – se volete – il backlink preso singolarmente finirà per non contare più nulla.

Intendiamoci: potremo sempre farne uso per valorizzare il reperimento di informazioni sulle nostre pagine, ma tanto varrà non lambiccarsi più più di tanto per carpirne il valore. Tanto varrebbe riflettere sul fatto che, con opportuni plugin, siamo sempre liberi di salvare sul nostro sito le chiavi di ricerca usate dai nostri visitatori, sia loggando le ricerche interne nel sito che valutando opportunamente i parametri di ricerca di Google.

Riassumendo, quando qualcuno ci suggerisce che i link per Google non contano più nulla, si rifletta su quattro aspetti:

  1. il web è fatto di link: qualsiasi valore abbiano per Google, rimangono uno strumento insostituibile per aiutare gli utenti a trovare ciò che cercano.
  2. Il nofollow, che si sta diffondendo in maniera sempre più capillare, sarà infine rivalutato e comunque utile per il traffico, specialmente per chi avrà l’apertura mentale di considerarlo egualmente un “buon link”, nel giusto contesto.
  3. Il fatto che molti siti siano diventati diffidenti nei confronti dei backlink anche “in buona fede” (con buona pace del solito Yahoo! Answers e di poche, isolate, eccezioni) dimostra che il loro valore è certamente da ridimensionare.
  4. Il “not provided” di Analytics finirà per rendere più organico il discorso, suggerendo di concentrarsi sulle strategie e non sul trovare link a casaccio, o sul considerare backlink “buono” o “cattivo” uno che venga da Twitter piuttosto che da pincopallino.qualunque.

Peraltro, l’articolo di Fishkin citato all’inizio invita, nel dubbio, a concentrarsi sempre sulle tecniche di marketing per il proprio sito, un qualcosa da cui nessuno dovrebbe in effetti prescindere. La figura del SEO black hat “smanettone di link” rischia in quest’ottica di diventare inconsistente – per non dire del tutto inutile – almeno quanto quella dell’hacker etico che comunica le falle all’amministratore di sistema con tanto di pacca sulla spalla.

Probabilmente, se è vero, è meglio così, e le reali risposte sapranno fornirle soltanto l’ecosistema web, ancora una volta.

Shares