Come Google+ e la authorship stanno cambiando la link building

Google Plus Love Story
Tempo stimato di lettura: 11 minuti, 31 secondi
Pubblicato il 10 Settembre 2012

Non ci sono dubbi che il rapporto tra Google ed i link sia notevolmente cambiato durante gli ultimi anni: iniziato come una sincera storia d’amore, parlando in termini di Facebook potremmo dire che attualmente prefigura una “relazione complicata”.

In effetti anni di tentativi di manipolazione del web-grafo da parte della comunità SEO ha messo in evidenza vari problemi di sfiducia che l’azienda sembra soffrire. In questo articolo vedremo come Google possa sfruttare il meccanismo di authorship per limitare questo tipo di problemi.

Vedremo quindi cosa dovremmo probabilmente effettuare in modo diverso nel prossimo futuro, e mostrerò un tool gratuito per la link building con il quale sarà possibile sperimentare queste idee.

Esso permetterà di identificare “chi” ti sta linkando (l’autore di un contenuto, ndt) piuttosto che “dove” lo sta facendo (quale sito, ndt), e vi fornirà i social profile per questi autori, nonché i dettagli annessi a dove essi scrivono. Partiamo quindi a considerare una breve storia della visione dei link da parte di Google.

I link sono meno importanti di prima?

Durante il suo periodo embrionale Google era solito, almeno apparentemente, considerare tutti i link allo stesso modo. Un link nel footer valeva teoricamente quanto uno “immerso” dentro all’articolo principale della pagina, non vi era quindi alcuna contestualizzazione a livello di contenuto.

Tutto cambiò con l’arrivo di una nuova generazione di SEO, che iniziò ad “ottimizzare” – in un certo senso – quei link. I cosiddetti “black hat” presero a manipolare il web-grafo, cosa che – di fatto – li ha nel tempo accomunati ad alcuni white hat. Questo impose a Google di iniziare ad analizzare e “pesare” i vari link, al fine di decidere quanto fossero “degni di fiducia” ai fini del ranking.

In sostanza non era più il caso che si valutassero indifferentemente tutti i collegamenti, bensì che venissero attuate varie strategie per valutare i vari “segnali” che li accompagnavano, stabilendone il valore a seconda dei casi. Ad esempio è risaputo che gli eccessivi scambi di link non sono ammessi dalle linee guida del motore, ed è ragionevole supporre che un link proveniente da un footer abbia un peso decisamente ridimensionato rispetto agli altri: stesso discorso vale, per estensione, per gli altri tipi di collegamenti, tanto che è stata suggerita la presenza di un livello di “trust“, o fiducia, nel link stesso.

Il numero di segnali presi in considerazione da Google per classificare i risultati di ricerca sembra essere crescente, e se analizziamo ad esempio l’indagine promossa da SEOmoz ci accorgiamo che l’influenza percepita legata al fattore link è in parte ridimensionata (dal 55% nel 2009 al 40% nel 2011). In altri termini, a partire dagli ultimi due anni il 15% dei segnali di posizionamento non riguarda i link, e per quanto si tratti di una semplice statistica non ufficiale si tratta pur sempre di dati che hanno prodotto una maggioranza di “addetti ai lavori” (che risaputamente, si noti bene, non conosce per forza la Verità, ndt).

La presunta riduzione del “potere dei link” sembra quasi suggerire che Google non sia più capace di dare fiducia ad essi come faceva prima (in fondo sono normali effetti dovuti al vivere una “relazione complicata”, ndt): in altri termini è possibile che l’azienda stia cercando segnali meno manipolabili e più sicuri, e questo nonostante il link rimanga comunque una essenziale spina dorsale del tutto.

I social signal sono la risposta?

Ormai da molti anni la comunità SEO si interroga sul valore dei “social signal”, e sul fatto che potrebbero – ad esempio – sostituire il valore dei link. La mia idea è che essi (gli share su Linkedin, Twitter, Facebook e via dicendo) possano dire moltissimo sulla fiducia, sull’attualità di un contenuto, anche forse sull’autorevolezza e su ulteriori aspetti, ma rimangono prettamente limitati in termini di pertinenza. Google ha sempre bisogno dei link, che di certo non spariranno dalle nostre analisi nell’immediato futuro.

Per visualizzare questo aspetto in un modo diverso dal solito, consideriamo il seguente esempio di web grafo: in esso i nodi rappresentano i siti (più propriamente le pagine WEB), mentre i link sono rappresentati dalle frecce che li collegano.

Ecco un ulteriore piccolo esempio, finalizzato invece a rappresentare le persone e le relazioni che intercorrono tra esse:

Possiamo quindi visualizzare i “voti social” (che siano essi tweet, like, +1, pin o condivisioni di altro tipo) per tutti i differenti siti web. In sostanza i nodi del “social grafo” inviano – in un certo senso – le proprie preferenze a quelli del “web grafo“: in altri termini stiamo esprimendo visivamente cose tipo: “Craig apprezza questo sito” oppure “Rand ha cliccato ‘mi piace’ su questa pagina“.

È importante osservare come le due cose si mantengano distinte tra di loro, senza che una interferisca con l’altra, e senza che la parte social possa influenzare in alcun modo il grado di fiducia dei siti che sono coinvolti.

Portare fiducia nei link

Così Google ha avuto bisogno di trovare un modo per dare la possibilità alle persone di migliorare la qualità dei link, in modo che si possa verificare che siano degni di fiducia. A mio parere verificare l’autore di un link è un modo davvero fantastico per farlo, e si inserisce perfettamente in questo modello.

A giugno dello scorso anno Google ha introdotto, infatti, il valore author per l’attributo rel di un link: un metodo che permette ad una pagina web di notificare esplicitamente l’autore, puntando alla pagina Google Plus dello stesso (che deve a sua volta linkare il sito, in modo da effettuare una reciproca verifica o “2 way“).

In termini visuali significa che esisteranno dei link “potenziati”, ovvero con authorship verificata, che si troveranno all’interno della rete:
WebGraph showing Authored Links

Si noti che il modello sottostante non presuppone cose come: ‘Distilled ha inserito un link verso SEOmoz‘ bensì ‘Tom Anthony ha linkato dal sito di Distilled verso Rand Fishkin di SEOmoz‘, ed è probabilmente la prima volta che è stato concepita una metodologia così robusta (nel senso di difficilmente falsificabile, ndt) per farlo.

Il fatto di poter verificare l’autore di un articolo offre dei vantaggi considerevoli, che sono fondamentalmente i due seguenti:

  • se un link possiede un autore identificabile con certezza è certamente di fiducia, e indice di qualità superiore rispetto alla media: del resto è improbabile che un link di spam abbia ambizione di farsi attribuire un autore con nome e cognome;
  • in secondo luogo permette di calibrare il peso del link sulla base dell’authorank dell’autore che lo ha inserito.

L’ultimo aspetto da considerare è probabilmente il più importante di tutti, perchè riguarda il modo in cui potrebbe cambiare l’idea di link juice (una metrica SEO convenzionale per stabilire l’importanza di un link per il ranking, ndt):

In questa sede viene mostrata come una semplice moltiplicazione (senza entrare nel dettaglio dei fattori che potrebbero concorrere alla valutazione), e serve ad evidenziare qualcosa di fondamentale: gli autori con un AuthorRank più alto, ovvero quelli che presumibilmente sono più presenti sui social network e possiedono link autoritativi di maggior valore. La forza di un link viene fuori, nell’esempio successivo, da un mix tra il trust del sito e quello dell’autore: Rand Fishkin (2.5) è verificato e Google “sa” moltissimo di lui, e ciò tenderebbe a conferire alle pagine del suo sito (7.6) una maggiore importanza (19) rispetto ad altri.

Il secondo (l’autore di questo articolo, ndt) è relativamente meno noto del primo, con tutto quello che ne può conseguire sul piano del rank: certamente si trova in una posizione di potenziale vantaggio, per via del fatto che i siti a cui contribuisce sono identificabili ed appartenenti ad una certa nicchia, e via dicendo.

Dal “dove” al “chi”

Di conseguenza tutto questo cosa implica sul piano comportamentale per gli utenti? Le prime cose da verificare riguardano il fatto che tu (ed i tuoi clienti) stiate facendo uso del meccanismo di authorship, e provare così a diventare “autoritativi” in questo senso.

La cosa importante è capire che è necessario cambiare modo di pensare durante la nostra link building: questo significa continuare ad operare come succede di solito, da un lato, ma vuol dire anche iniziare a chiedersi “chi” ci concede un backlink piuttosto che “dove” stiamo ricavando il collegamento. Distilled si è accorto quando Seth Godin ha linkato la nostra guida al linkbaiting, mentre personalmente ho visto che Bruce Schneier mi ha linkato di recente: resta il fatto che sia necessario operare in tal senso in modo completamente flessibile.

Utilizzando OpenSiteExplorer, Majestic SEO e molti altri tool utili per la link building (come Ahrefs) disporremo di un’ampia gamma di strumenti che ci permettono di individuare dove stiamo ottenendo link, e di farlo in modo tabellato e scalabile. Dovremmo esaminare le cose da questo punto di vista in modo più intenso nei prossimi mesi, avendo sempre presente “chi sta linkando chi” e ricordando che tutta l’informazione che ci serve è lì fuori. Lasciate che vi mostri, a questo punto, un ulteriore esempio.

Link con authorship – Una miniera d’oro di dati

Esamineremo un post di esempio di Gianluca Fiorelli postato a dicembre: egli sta utilizzando il meccanismo di authorship di Google per mettere in evidenza di essere l’autore del post. Andiamo quindi a vedere  che tipo di informazioni si possono tirare fuori dall’uso di questo semplice markup.

Analizzando l’interno del codice HTML è presente la sua pagina di Google Plus, dalla quale è possibile trovare un sacco di dettagli su di lui:

Possiamo stabilire dove vive, il suo curriculum, dove lavora ecc., oltre ad ottenere un’indicazione della sua “social popularity” in base al numero di “cerchie” in cui si trova, ma anche ulteriori informazioni che ha deciso di linkare come, ad esempio, il numero di follower del suo profilo Twitter.

Negli scorsi anni è stato un gran parlare, nel settore SEO, riguardo ai meccanismi di identificazione dei cosiddetti influencer di una nicchia, e sulla costruzione di vere e proprie relazioni con le persone mediante i link. Di fatto esiste un’assoluta abbondanza di informazioni disponibili sugli autori dei vari link, anche per quanto riguarda i competitor: perchè non farne uso?

Peraltro di tratta di dati che possono essere scansionati e raccolti in modo praticamente automatico, esattamente nel modo in cui Google rileva la authorship di una pagina, il che ci permette di pensare di costruire alcune tipologie di tool come quelle a cui ho accennato all’inizio. Poichè sembrava non ne esistesse uno specifico per lo scopo, ne ho realizzato uno direttamente.

AuthorCrawler: un tool per identificare gli Author Data per la Linkbuilding

Il tool è stato presentato per la prima volta durante il LinkLove London, e si chiama AuthorCrawler : un tool free e open-source (scritto in PHP, ndt) che è capace di prelevare i backlink verso un URL, scansionare la authorship sulla pagina e fornire un report annesso a chi sta linkando quel contenuto. Si tratta di un tool di prova da non ritenersi soluzione stabile o definitiva di software adibito a tale scopo, ma è certamente una buona base per cominciare a lavorare in modo scalabile (vedi la versione interattiva).

Quando si avvia il report, si ottiene qualcosa di molto simile a quello che è stato effettuato in questa sede, e che fa riferimento a tutto quello che viene rilevato dentro SEOmoz (ovvero sugli autori del sito stesso):

In particolare vengono tirati fuori i primo 1000 backlink della homepage, ed ognuno di essi viene scansionato a sua volta alla ricerca del markup di authorship: non appena esso viene trovato, vengono estrapolati i dati sugli autori come numero di cerchie e follower di Twitter, e soprattutto si evidenzia il numero di siti a cui ognuno contribuisce “ufficialmente” (mediante il link 2 way, ndt). Può capitare che si trovino persone che linkano al vostro sito che scrivono anche altrove, le quali si candidano ad essere persone con cui stabilire una nuova relazione o collaborazione – non fosse altro che si sono già accorte di voi e potrebbero fornirvi link da altri domini che controllano.

È possibile ordinare il report in base ai parametri Page Authorithy / Domain Authority (due metriche utilizzate dai tool di SEOmoz, ndt), oppure in base al numero di follower degli autori.

La disponibilità dei link ai profili Google Plus e Twitter permette ovviamente di visulizzare immediatamente le attività correnti delle persone che compaiono nella lista. Sono molto soddisfatto da questo genere di report e credo che possa fornire diverse idee creative, le quali potranno suggerire nuovi approcci innovativi per ricavare sia relazioni che semplici link. Credo inoltre che potremmo spingere oltre tutto questo.

Utilizzando il tool di link intersect di SEOmoz, ad esempio, avrete la possibilità di inserire il vostro URL affiancato a quelli di altri domini annessi alla vostra nicchia (competitor e non solo), ed esaminare così i backlink di ognuno di essi, riportandoli all’interno di domini e pagine che stanno linkando domini multipli della tua nicchia. Viene anche segnalato se si disponga di un link da questa pagina, permettendoci così di individuare ulteriori target per la nostra link building.

Partendo da questo principio ho applicato il codice utilizzato in precedenza per definire un “Author Intersect tool” (visibile a questo indirizzo), che permette di visualizzare report di questo genere:

Quello di cui disponi adesso è ancora più interessante: una lista di persone che scrive nella tua nicchia di interesse, che stanno probabilmente linkando qualcuno dei tuoi competitor, oltre ai soliti profili social a cui potete dare uno sguardo. Si tratta di profili di grandissimo interesse, quindi, che probabilmente si metteranno volentieri in contatto con te. Il tool è piuttosto semplice da utilizzare, ed esiste anche una pagina di istruzioni che ne spiega l’uso (in inglese).

Conclusioni

Siamo ancora in una fase embrionale di questo genere di approccio (l’articolo è del 15 aprile 2012, ndt), e l’idea è quella che Google spingerà parecchio sulla sua componente social, e l’importanza della authorship crescerà nel corso del tempo. Di conseguenza questo tool potrebbe far parte di uno strumento ulteriore prossimamente, e sono curioso di sapere come andrà a finire. Ho solo iniziato ad analizzare un possibile uso dello strumento, e mentre attendo le vostre considerazioni vi ricordo il link per scaricare il tutto.

Tradotto integralmente da “How Authorship (and Google+) Will Change Linkbuilding” di Tom Anthony, SEOmoz

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